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Il giorno 22 Aprile 2016, dopo un viaggio di circa quattro ore, siamo arrivati nella città emiliana Ravenna, antica capitale dell’Impero Romano d’Oriente. Dopo una breve passeggiata attraverso strette e caratteristiche vie della città, siamo giunti presso il mausoleo di Galla Placidia, la tomba dentro la quale sarebbe dovuta essere sepolta l’omonima imperatrice dell’Impero Romano d’Occidente. Sebbene questo non sia un luogo particolarmente grande, abbiamo potuto ammirare i magnifici mosaici presenti nel mausoleo, poco illuminato, ma per questo molto suggestivo. Proprio accanto al mausoleo abbiamo visitato la basilica di san Vitale, di costruzione posteriore rispetto all’altro monumento: imponente e regale è il suo Cristo Pantocratore, che dall’abside sembra guardare l’intera chiesa. Usciti dalla basilica e dopo aver camminato per una decina di minuti, abbiamo visitato il battistero dei Neoniani, costruito nel V secolo. Nonostante l’attuale restauro, abbiamo potuto comunque ammirare il mosaico che raffigura anche il battesimo di Cristo, posto al centro della cupola, che sovrasta una vera e propria vasca dove, immergendosi, venivano battezzati i catecumeni. Dopo la visita al battistero dei Neoniani ci siamo recati alla tomba di Dante, situata nel centro di Ravenna, dove sono conservate le spoglie del poeta. La struttura è molto semplice e all’interno della tomba sono incisi diversi componimenti in latino. In seguito ci siamo diretti al battistero degli Ariani, passando dal museo dantesco, luogo in cui viene valorizzato il ruolo che ha assunto la città di Ravenna durante la vita di Dante. Dopo aver visitato il battistero, inserito nella lista dei monumenti che sono stati nominati patrimonio dell’umanità dall’Unesco, ci siamo fermati a pranzare in uno dei numerosi parchi della città. Dopo questa lunga pausa al parco ci siamo avviati nuovamente per le strade grigie di Ravenna e siamo entrati in un vasto prato verde al cui centro, come se si volesse elevare verso il cielo per mostrare all'intera città la sua grandezza e maestosità, si erge il bianco mausoleo di Teodorico, un monumento funebre fatto costruire dal re degli Ostrogoti per custodirne le spoglie. Ci siamo poi incamminati verso la basilica di Sant'Apollinare Nuovo, una chiesa che, sostenuta da due file di bianche colonne, ci ha stupito con due giganteschi mosaici posti in alto, sotto la volta dell'edificio, i quali rappresentano due cortei di martiri e di sante che procedono verso Maria e il Cristo seduti in trono. Dopo un breve viaggio in pullman, invece, ci siamo diretti verso la nostra ultima meta: la basilica di Sant'Apollinare in Classe, che ci ha sorpreso con la sua imponenza e tranquillità, favorita dalla penombra in cui la chiesa è immersa. Con quest'ultima visita, il viaggio si è dunque concluso e ci siamo allontanati da Ravenna, la quale ci ha lasciato, almeno per un giorno, l'impronta di quel segreto che anche il poeta D'Annunzio, in una poesia della raccolta "Elettra", ha trovato e cantato tra le strade di questa città di storia immortale e di segreti celati nelle pietre dei suoi mausolei e nei mosaici delle sue chiese:
Ravenna, glauca notte rutilante d'oro, sepolcro di violenti custodito da terribili sguardi, cupa carena grave d'un incarco imperiale, ferrea, construtta di quel ferro onde il Fato è invincibile, spinta dal naufragio ai confini del mondo, sopra la riva estrema! Ti loderò pel funebre tesoro ove ogni orgoglio lascia un diadema. Ti loderò pel mistico presagio che è nella tua selva quando trema, che è nella selvaggia febbre in che tu ardi. O prisca, un altro eroe tenderà l'arco del tuo deserto verso l'infinito. O testimone, un altro eroe farà di tutta la tua sapienza il suo poema. Ascolterò nel tuo profondo sepolcro il Mare, cui ‘l Tempo rapì quel lito che da lui t'allontana; ascolterà il grido dello sparviere, e il rombo della procella, ed ogni disperato gemito della selva. “È tardi! È tardi!” Solo si partirà dal tuo sepolcro per vincer solo il furibondo Mare e il ferreo Fato. di Elena, Veronica, Marianna Fredda mattina milanese di marzo. Ecco lì innalzarsi la chiesetta di San Carlo al Lazzaretto, piccola e umile rispetto ai grandi palazzi attorno; eterno monito di un passato buio della storia di Milano, della nostra storia. Era il centro del Lazzaretto della città, costruito verso la fine del ‘400 per ospitare fino a seicento persone. Diverrà tristemente noto per la peste del ‘600, in cui vi furono portati più di sedicimila appestati. Vi verranno anche Renzo in cerca di Lucia, don Rodrigo, malato di peste, e frate Cristoforo per aiutare i malati: nel Lazzaretto infatti non vi erano distinzioni sociali. Proseguendo lungo la strada giungiamo a Porta Venezia, costruita intorno all’800, di cui vi sono solo i bastioni perché un arco avrebbe ostruito la visuale del Resegone infrangendo una legge dell’epoca (“servitù del Resegone”). Da qui allora si poteva godere anche della vista del Duomo, che gigantesco sormontava la città. Qui iniziava Milano e ci sarebbe apparsa totalmente diversa da quella di oggi: infatti la zona vicina alla porta Orientale (nome di Porta Venezia nel ‘600) era poverissima e vi vivevano i ceti più bassi. Casette povere ben diverse dai palazzi in stile neoclassico e stupendi che ci appaiono oggi, frutto di una brillante politica austriaca di risanamento della zona, per cui vi è venuta a vivere la nobiltà. Del convento di padre Bonaventura non rimane alcuna traccia, al suo posto sorge Palazzo Saporiti, in perfetto stile classicheggiante con un colonnato ionico, sormontato da statue di dei antichi. Sui muri dei palazzi che si affacciano sulla strada vi sono i ricordi di un evento molto importante per Milano: ovvero i fori delle cannonate degli austriaci contro il popolo milanese che insorgeva tra il 18 e il 22 marzo 1848. Eventi vissuti dallo stesso Manzoni, patriota e antiaustriaco. Ed ecco che girando in quella che era “la corsia dei servi” allora avremmo visto il forno delle grucce, in milanese “el prestin de scansc” , in cui in realtà “scansc” era il nome dei proprietari tradotto poi erroneamente da Manzoni in grucce. Certa è anche la pubblicità che il forno ha ricevuto dall’opera che lo ha reso eterno. Davanti a noi intanto si erge in tutto il suo splendore il Duomo, di cui però Renzo non ha potuto ammirare la facciata, poiché non era ancora terminata nel ‘600 e al suo posto ve ne era una provvisoria. Siamo quindi andati a visitare la casa di Manzoni. Dopo aver visitato Milano, siamo quindi tornati sotto la statua che raffigura Alessandro Manzoni per pranzare in compagnia. L'atmosfera era distesa e rilassata: la maggior parte di noi si divertiva a scattare fotografie ai compagni e a percorrere le strade circostanti. Dopo aver visitato la casa del grande romanziere, egli appariva ai nostri occhi, prima ancora che nelle vesti d'autore, come un uomo che aveva sofferto e dedicato la propria vita a solidi ideali. Questa consapevolezza, ora rafforzata dall'esperienza, ci accompagnò anche durante il viaggio di ritorno. Dopo aver conosciuto la città con gli occhi di un'altra epoca (dolorosa e travagliata dalla peste nel caso dei Promessi Sposi, soggetta a numerosi e repentini cambiamenti in quello di Manzoni) essa ci appariva adesso in tutta la sua grazia e, al contempo, solidità, come nell'intenzione dello stesso Manzoni, innamorato del cielo di Lombardia, così bello quand'è bello, così splendido, così in pace. di Martina, Lea e Stefano Stesso blog, stessi obiettivi e stessi ragazzi, ma con una nuova grafica!
Oltre a porvi i nostri migliori auguri di buone feste vi informiamo che abbiamo inaugurato la rubrica "Dal mondo", per cercare di comprendere meglio i fatti che accadono oggi intorno a noi.
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L'istruzione è Chi siamo?Benvenuto! Siamo i ragazzi della classe IA del liceo classico E. Cairoli di Varese e partecipiamo al progetto Erodoto. In questo blog troverai testi, immagini, lavori curiosi e particolari che svolgiamo durante le nostre giornate. |