La vergogna
“E di trista vergogna si dipinse …”
Se non fosse perché tutti noi lo riconosciamo come noto verso dantesco, sapendo di conseguenza il contesto e la motivazione legati a quest’affermazione, qualora fosse presa in considerazione lasciata così, questa frase non può che farci sorgere le più varie domande. Già, perché vergogna può essere un sentimento di turbamento e di disagio suscitato dalla propria coscienza, può essere sinonimo di discrezione o timidezza: concetti decisamente differenti che, tuttavia, vengono espressi e mostrati con quel rossore del volto che ne caratterizza pienamente, ma non fino in fondo, lo stato emotivo. A questo grande concetto non si limita una sola interpretazione, ma gli vengono attribuite numerose sfumature differenti, prima fra tutte si attribuisce alla vergogna un fine assai limitativo.
Quante volte ci sarà capitato di trovarsi con un gruppo di compagni che discutono animatamente e ritrovarci sempre esclusi e un po’ esterni alle conversazioni per vergogna di irrompere e di far sentire la propria voce espletando le proprie idee e i propri pensieri, rinunciando magari ad accendere un dibattito che possa accrescere opinioni o compiere azioni istruttive non solo per gli altri ma soprattutto per se stessi. Oppure la vergogna di dire quel fatidico “ti amo” celando per timidezza i propri sentimenti rischiando di chiudere la porta in faccia a quello che può essere il nostro vero amore. E, a pensarci bene, questa categoria di vergogna ci pone di fronte ad un incredibile e macroscopico paradosso a cui molto spesso non facciamo a caso non prendendolo in considerazione: ciò che ci pare una vergogna più pulita, più infantile, più semplice e bonaria, in realtà si dimostra essere la più punitiva almeno sotto il punto di vista morale, in quanto, per l’appunto, non ci accresce di nulla ma ci limita in possibilità, in capacità e in scoperte uscendo ridimensionati a causa del nostro trattenerci nel rossore. Ma di questo aspetto vi esistono esempi certamente più nobili dei precedenti accennati nei grandi romanzi della letteratura sia classica sia dei nostri giorni: la vergogna per un amore centro del Segreto di Luca di Ignazio Silone, quella, sebbene infine superata, di don Abbondio nell’incontrare il Cardinale descritta nel capolavoro manzoniano, la vergogna dei genitori di Asher nel vedersi raffigurati in modo assolutamente irrispettoso per i principi della loro religione ebraica dal proprio figlio pittore, un’ulteriore del personaggio Dritto dinnanzi al tradimento pianificato assolutamente criticato dagli occhi stessi di Pin, protagonista del Sentiero dei nidi di ragno di Calvino … solo alcuni delle molteplici testimonianze di quanto questo sentimento ci possa privare un’apertura e un cambiamento positivo. Già, perché la vergogna può essere vista anche come uno scoppio nel nostro io capace di provocarci una reazione e un cambiamento interiore.
Strano a dirsi che questo scopo, decisamente più positivo del precedente, in realtà è scaturito da una vergogna molto più pesante, più grave e segnante così da essere in grado, mantenendo uno stretto contatto con altri sentimenti quali il senso di colpa e il pentimento, di smuoverci nel profondo. Sempre risfogliando le pagine del nostro grande capolavoro letterario ne è una chiara dimostrazione la vergogna provata da Padre Cristoforo dopo aver commesso l’omicidio non voluto: un atto che non solo lo segna, ma che lo cambierà per la vita. Quante volte ci passano sotto gli occhi immagini di uomini e donne condotti in aula di tribunale per essere processati, le immagini di terroristi, mafiosi, mandanti ripresi dalle telecamere dei media al momento dei loro arresti … nessuno può realmente sapere quanto il peso dei crimini, dei delitti commessi possano incombere non solo nei loro occhi, ma soprattutto nei loro cuori. Forse molte di queste persone potranno un giorno, colmi di vergogna e pentimento, espletare le loro scuse e richieste di perdono … chi questa possibilità non l’ha avuta, come possiamo leggere tra le righe di un romanzo in mio parere tra i più unici e meravigliosi del nostro tempo e del suo genere Mille splendidi soli di Kahled Hosseini è stato il ricco Jalil, padre di Maryam, figlia mai riconosciuta e data in matrimonio ad un uomo nettamente più grande di lei pur di non far sorgere lo scandalo intorno a lui: tuttavia questo dolore che non può non averlo tormentato, questa vergogna evitata all’esterno ma più che mai accesa dentro di sé lo porterà ugualmente ad cambiamento e ad un tanto sperato ma mai ricevuto dono di riconciliazione.
Che il rosso sia il colore della vergogna certamente non può essere messo in discussione, ma mi piace pensare che quel rosso e quella vergogna siano come il colore della penna con cui l’insegnante segna gli errori nelle verifiche degli alunni e leggere in quegli errori una ferita e una caduta che possa permetterci di migliorare e cambiare, non come quello spazio bianco che, invece, ci pone un limite e un veto.
di Willy
Se non fosse perché tutti noi lo riconosciamo come noto verso dantesco, sapendo di conseguenza il contesto e la motivazione legati a quest’affermazione, qualora fosse presa in considerazione lasciata così, questa frase non può che farci sorgere le più varie domande. Già, perché vergogna può essere un sentimento di turbamento e di disagio suscitato dalla propria coscienza, può essere sinonimo di discrezione o timidezza: concetti decisamente differenti che, tuttavia, vengono espressi e mostrati con quel rossore del volto che ne caratterizza pienamente, ma non fino in fondo, lo stato emotivo. A questo grande concetto non si limita una sola interpretazione, ma gli vengono attribuite numerose sfumature differenti, prima fra tutte si attribuisce alla vergogna un fine assai limitativo.
Quante volte ci sarà capitato di trovarsi con un gruppo di compagni che discutono animatamente e ritrovarci sempre esclusi e un po’ esterni alle conversazioni per vergogna di irrompere e di far sentire la propria voce espletando le proprie idee e i propri pensieri, rinunciando magari ad accendere un dibattito che possa accrescere opinioni o compiere azioni istruttive non solo per gli altri ma soprattutto per se stessi. Oppure la vergogna di dire quel fatidico “ti amo” celando per timidezza i propri sentimenti rischiando di chiudere la porta in faccia a quello che può essere il nostro vero amore. E, a pensarci bene, questa categoria di vergogna ci pone di fronte ad un incredibile e macroscopico paradosso a cui molto spesso non facciamo a caso non prendendolo in considerazione: ciò che ci pare una vergogna più pulita, più infantile, più semplice e bonaria, in realtà si dimostra essere la più punitiva almeno sotto il punto di vista morale, in quanto, per l’appunto, non ci accresce di nulla ma ci limita in possibilità, in capacità e in scoperte uscendo ridimensionati a causa del nostro trattenerci nel rossore. Ma di questo aspetto vi esistono esempi certamente più nobili dei precedenti accennati nei grandi romanzi della letteratura sia classica sia dei nostri giorni: la vergogna per un amore centro del Segreto di Luca di Ignazio Silone, quella, sebbene infine superata, di don Abbondio nell’incontrare il Cardinale descritta nel capolavoro manzoniano, la vergogna dei genitori di Asher nel vedersi raffigurati in modo assolutamente irrispettoso per i principi della loro religione ebraica dal proprio figlio pittore, un’ulteriore del personaggio Dritto dinnanzi al tradimento pianificato assolutamente criticato dagli occhi stessi di Pin, protagonista del Sentiero dei nidi di ragno di Calvino … solo alcuni delle molteplici testimonianze di quanto questo sentimento ci possa privare un’apertura e un cambiamento positivo. Già, perché la vergogna può essere vista anche come uno scoppio nel nostro io capace di provocarci una reazione e un cambiamento interiore.
Strano a dirsi che questo scopo, decisamente più positivo del precedente, in realtà è scaturito da una vergogna molto più pesante, più grave e segnante così da essere in grado, mantenendo uno stretto contatto con altri sentimenti quali il senso di colpa e il pentimento, di smuoverci nel profondo. Sempre risfogliando le pagine del nostro grande capolavoro letterario ne è una chiara dimostrazione la vergogna provata da Padre Cristoforo dopo aver commesso l’omicidio non voluto: un atto che non solo lo segna, ma che lo cambierà per la vita. Quante volte ci passano sotto gli occhi immagini di uomini e donne condotti in aula di tribunale per essere processati, le immagini di terroristi, mafiosi, mandanti ripresi dalle telecamere dei media al momento dei loro arresti … nessuno può realmente sapere quanto il peso dei crimini, dei delitti commessi possano incombere non solo nei loro occhi, ma soprattutto nei loro cuori. Forse molte di queste persone potranno un giorno, colmi di vergogna e pentimento, espletare le loro scuse e richieste di perdono … chi questa possibilità non l’ha avuta, come possiamo leggere tra le righe di un romanzo in mio parere tra i più unici e meravigliosi del nostro tempo e del suo genere Mille splendidi soli di Kahled Hosseini è stato il ricco Jalil, padre di Maryam, figlia mai riconosciuta e data in matrimonio ad un uomo nettamente più grande di lei pur di non far sorgere lo scandalo intorno a lui: tuttavia questo dolore che non può non averlo tormentato, questa vergogna evitata all’esterno ma più che mai accesa dentro di sé lo porterà ugualmente ad cambiamento e ad un tanto sperato ma mai ricevuto dono di riconciliazione.
Che il rosso sia il colore della vergogna certamente non può essere messo in discussione, ma mi piace pensare che quel rosso e quella vergogna siano come il colore della penna con cui l’insegnante segna gli errori nelle verifiche degli alunni e leggere in quegli errori una ferita e una caduta che possa permetterci di migliorare e cambiare, non come quello spazio bianco che, invece, ci pone un limite e un veto.
di Willy