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RECENSIONI E COMMENTI SUI LIBRI ABBIAMO LETTO
attila - louis de whol
INTRECCIO
Etel ad Aquileia (primo incontro con arcivescovo Leone). Relazione tra Etel e Onoria. Quadro infamante e fuga. Morte Kan Rua. Onoria incinta mandata a Bisanzio. Separata da figlio. Etel vince i sorasgi e prende il greco Onegesio. Il 29 settembre 440 nominato Papa Leone I. Etel scopre spada di Puru e uccide Bleda e Gullac. Scoperta congiura di Crisafio, Ildico mandata da Unni con lettera di Onoria. Onoria rimandata a Occidente da Crisafio per evitare gli unni. 27 novembre 451 morte Placidia. Vittoria ai campi Catalaunici contro Attila. Attila in Italia. Presa di Aquileia e impalatura di Alieno. Suicidio di Onoria. Dialogo tra Leone ed Attila. Ritirata degli Unni. Morte di Attila infrangendo il giuramento.
DIMENSIONE SPAZIALE
Il romanzo si svolge in luoghi esterni ed interni. In questi ultimi prevalgono gli intrighi di corte, i rapporti stretti e fidati come tra Placidia e Ezio, o tra Onoria e Etel.
Aquileia, città imperiale, qui si trova il palazzo dell’imperatore. Palazzo: “immensa sala d’udienza, con le sue possenti colonne di porfido e il pavimento di marmo, scintillante nel suo biancore, che pareva estendersi all’infinito. Nel fondo c’era un grande portale di bronzo” (p.30) “All’estremità del colonnato il pesante tetto dorato arretrò e si ritrovarono su un’ampia terrazza” “all’ altra estremità della terrazza una scala di marmo conduceva alla cappella del palazzo” (p.40)
Quantunque ben fortificata, ciò non basterà alla lunga a resistere ad Attila.
Ravenna, città capitale dell’impero d’Occidente, è uno dei luoghi simbolo del potere imperiale. Viene descritta come una città ben fortificata all’epoca degli attacchi unni. “Baluardi e trincee possono essere alti e grossi e profondi quanto si vuole; non sono una difesa senza soldati, e i soldati di Roma venivano da tutti i paesi fuorché dal loro” (p.65).
Roma, della grande città invincibile rimane ormai solo il nome: le fortificazioni erano nel peggiore stato che si potesse immaginare. Vengono citati alcuni edifici e luoghi della città come la basilica di San Pietro, il palazzo Laterano, la basilica di San Giovanni, la chiesa dei Santi Quattro Coronati, la basilica di San Clemente, il Colosseo, Fori Romani, il ponte neroniano sul Tevere.
Accampamento unno, luogo gigantesco e provvisorio. Può essere eretto ovunque e rappresenta il popolo unno.
Bisanzio, capitale dell’impero romano d’Oriente. Luogo di intrighi e cospirazioni, dove l’imperatore Teodosio II è guidato dall’eunuco Crisafio e paga imposte altissime per scongiurare ogni invasione. “ Al loro entrare in sala i trombettieri diedero un segnale squillante. Cinquanta guardie, in splendide divise, con elmi dorati e scudi, fiancheggiarono il trono, di cui l’imperatore salì i dodici gradini. Il gran ciambellano assestò le pesanti pieghe del manto imperiale e si ritirò. Teodosio fece un cenno e il maestro del cerimoniale batté in terra col suo bastone d’avorio” (pag.187).
DIMENSIONE TEMPORALE
La dimensione temporale del romanzo è strettamente legata alle vicende storiche. In essa vengono presentati fatti storici come l’elezione di Papa Leone I il 29 settembre 440, la morte di Galla Placidia il 27 novembre 451, la vittoria dei campi Catalaunici il 20 giugno 451, il saccheggio di Aquileia nel 452 e la morte di Attila nel 453.
La durata della narrazione comprende un arco temporale di circa vent’anni, dalla giovinezza di Etel (434/435) fino alla morte di Attila (453).
PERSONAGGI
Il romanzo è pieno di personaggi e figure più o meno importanti e storiche. Tra cui :
Attila (406-453), il nome significa “piccolo padre”, poiché si considera padre del suo popolo. “Com’era brutto. Le narici larghe, umide, come froge, i muscoli delle spalle e delle braccia che si gonfiavano e si ritiravano: era come un animale e tuttavia uomo. Aveva la dignità di un nobile animale e la superbia di un demone. Cavalcare, cacciare e dormire con donne” (p.62)
Onoria (417-455), sorella di Valentiniano III e figlia di Placidia, viene nominata Augusta perché non si sposi con nessuno (“vivere da monaca in vesti imperiali”). Intratterrà una relazione con Etel da cui avrà un figlio, sarà questo il motivo del suo invio a Bisanzio. Odia Iride a cui preferisce Ildico. Dopo il matrimonio forzato con Ercolano, si suiciderà apprendendo che suo figlio Alieno è stato ucciso dal padre del ragazzo.
Galla Placidia (488/392-450), reggente dell’impero d’Occidente al posto del figlio. “Una donna che con una sola parola metteva in marcia centinaia di migliaia di soldati; forse la donna più grande che Roma avesse prodotto nei quasi dodici secoli di sua esistenza” (p.31) “una donna di forte volontà. Il suo egoismo è ancora intatto” (p.32). Dichiara spesso di non aver mai avuto fortuna con i figli. Ha visto sconfitto il suo amante Bonifacio da parte di Ezio, con quest’ultimo però avrà un riavvicinamento.
Valentiniano III (419-455), “un ragazzo sui quattordici anni dalle mosse agili e graziose di fanciulla” (p.32) “perché lo acconciano a quel modo, come un cagnolino? Gli ha fatto imbellettare anche le guance. È un costume d’Oriente, ma qui, in Italia?” (p.33). Succube della madre non diventerà mai capace di prendere una decisione da solo ( “Placidia lo lasciò crescere soltanto all’ombra della propria personalità”). Dedito a giochi di magia, frequentava “maghi,indovini, commercianti di droghe e d’erbe orientali, donne di un tipo particolarmente ributtante”. “Non pensa che al proprio dolore e alla propria sicurezza”. All’arrivo di Attila è pronto a fuggire da Roma.
Leone I Magno (390-461), aveva visitato Agostino d’Ippona, aveva indotto G. Cassiano a scrivere il “De institutis coenobiorum” , appena trentenne aveva esercitato grande influsso sul concilio di Efeso (431). Dopo essere stato arcidiacono di Sisto III diventa a sua volta pontefice il 29 settembre 440. “Se almeno non ci fosse stato il bisogno del sonno: quattro ore e mezzo sprecate ogni notte!” (p.261). “Le civiltà vanno e vengono. La Chiesa resta. […] ci sarà sempre un cantuccio di mondo, dove le mani di un sacerdote consacrato potranno sollevare l’Ostia: Cristo ce lo ha promesso” (p.263). <Vivi da cristiano> (p.282). “Essere prete vuol dire essere mosso dalla Grazia. Non agire: essere fatto agire da Dio: è questo che il forte deve imparare”
Ildico, dama fedele e leale di Onoria. Figlia di un conte Franco e orfana giovane di madre. Ha la pelle color del latte e i capelli d’oro ondulati, gli occhi sono grigi, seri. Molto devota vede tutte le vicende di Onoria da un punto di vista che superficialmente sembra ingenuo, ma in realtà è molto profondo e vero. Verrà mandata dagli unni con una lettera di Onoria per Attila, lì morirà uccisa perché ritenuta assassina di Attila.
Iride, serva di origine egiziana di Onoria. Viene definita come bellissima, ma anche una vipera che ha in odio Onoria a tal punto da tradirla con Crisafio.
Onegesio, segretario greco di Attila, conosce sei lingue ed è molto scaltro. Si dimostra leale nei confronti del suo signore come dimostra l’episodio delle libbre d’oro.
Bleda, figlio primogenito di Munzuco. Non è incline alla battaglia come il fratello Etel, ed è sempre propenso ad una alleanza con i romani. Ezio perciò non lo considererà primogenito. È definito come temporeggiatore ed esitante.
Ercolano, vecchio senatore fedele a Roma. Diverrà il marito di Onoria e considererà questo come un onore grandissimo.
Crisafio (…-451), eunuco consigliere dell’imperatore d’Oriente. Scaltro ma vile, sempre pronto a pagare un tributo piuttosto che intraprendere una guerra. Viene visto dal popolo come il demonio che mangia tutti i loro soldi.
Ezio (390-454), magister utriusque militiae nonché più grande generale romano. È l’artefice della vittoria dei campi Catalaunici. All’inizio non sarà molto gradito a Galla Placidia, ma poi tra i due vi sarà un avvicinamento. È definito l’ultimo romano da Galla Placidia e uno dei due uomini più grandi dell’Impero.
Alieno, figlio di una relazione tra Onoria e Attila, il ragazzo verrà cresciuto insieme ad altri suoi coetanei figli di nobili ad Aquileia, ignaro della sua identità. Insieme a quei suoi compagni difenderà l’onore romano fino all’ultimo. Finirà impalato dal padre.
TEMI DEL ROMANZO
Il romanzo “Attila: la tempesta dall’Oriente” è ricco di numerose tematiche , tra cui:
OSSERVAZIONI CRITICHE
Il romanzo appartiene al genere storico in quanto vi sono personaggi reali (Galla Placidia, Onoria, Leone, Attila, Valentiniano III, Crisafio, Ezio, Onegesio, Ercolano, …) e non (Ildico, Iride, e altri personaggi secondari) che sono coinvolti nelle vicende storiche narrate. Si è in una ricostruzione dettagliata dell’epoca con riferimenti e vicende storiche coinvolte nel romanzo. L’inizio è in “medias res”, perché la narrazione comincia quando Etel viene portato ad Aquileia. La Storia dopo la fine del romanzo prosegue. Il narratore è onnisciente e i personaggi secondari sono ben dettagliati (Ildico, …). L’autore all’interno del romanzo esprime valori e idee che gli interessano e che sono inerenti alla sua epoca come una critica al comunismo: “Un’idea folle si agitava nella testa di certi sempliciotti: che tutta la ricchezza, tutto il possesso dovesse venir distribuito egualmente fra gli uomini. Ammesso che fosse possibile, quanto durerebbe? Non vi erano forse avari e prodighi di natura? Costoro volevano forse espellere la natura? Oh, che imbecilli …” (p.143). Inoltre alcuni personaggi sono presentati in una luce positiva volta a porli come esempi di vita concreta con cui confrontarsi (come Leone I e Ildico).
di Stefano
Etel ad Aquileia (primo incontro con arcivescovo Leone). Relazione tra Etel e Onoria. Quadro infamante e fuga. Morte Kan Rua. Onoria incinta mandata a Bisanzio. Separata da figlio. Etel vince i sorasgi e prende il greco Onegesio. Il 29 settembre 440 nominato Papa Leone I. Etel scopre spada di Puru e uccide Bleda e Gullac. Scoperta congiura di Crisafio, Ildico mandata da Unni con lettera di Onoria. Onoria rimandata a Occidente da Crisafio per evitare gli unni. 27 novembre 451 morte Placidia. Vittoria ai campi Catalaunici contro Attila. Attila in Italia. Presa di Aquileia e impalatura di Alieno. Suicidio di Onoria. Dialogo tra Leone ed Attila. Ritirata degli Unni. Morte di Attila infrangendo il giuramento.
DIMENSIONE SPAZIALE
Il romanzo si svolge in luoghi esterni ed interni. In questi ultimi prevalgono gli intrighi di corte, i rapporti stretti e fidati come tra Placidia e Ezio, o tra Onoria e Etel.
Aquileia, città imperiale, qui si trova il palazzo dell’imperatore. Palazzo: “immensa sala d’udienza, con le sue possenti colonne di porfido e il pavimento di marmo, scintillante nel suo biancore, che pareva estendersi all’infinito. Nel fondo c’era un grande portale di bronzo” (p.30) “All’estremità del colonnato il pesante tetto dorato arretrò e si ritrovarono su un’ampia terrazza” “all’ altra estremità della terrazza una scala di marmo conduceva alla cappella del palazzo” (p.40)
Quantunque ben fortificata, ciò non basterà alla lunga a resistere ad Attila.
Ravenna, città capitale dell’impero d’Occidente, è uno dei luoghi simbolo del potere imperiale. Viene descritta come una città ben fortificata all’epoca degli attacchi unni. “Baluardi e trincee possono essere alti e grossi e profondi quanto si vuole; non sono una difesa senza soldati, e i soldati di Roma venivano da tutti i paesi fuorché dal loro” (p.65).
Roma, della grande città invincibile rimane ormai solo il nome: le fortificazioni erano nel peggiore stato che si potesse immaginare. Vengono citati alcuni edifici e luoghi della città come la basilica di San Pietro, il palazzo Laterano, la basilica di San Giovanni, la chiesa dei Santi Quattro Coronati, la basilica di San Clemente, il Colosseo, Fori Romani, il ponte neroniano sul Tevere.
Accampamento unno, luogo gigantesco e provvisorio. Può essere eretto ovunque e rappresenta il popolo unno.
Bisanzio, capitale dell’impero romano d’Oriente. Luogo di intrighi e cospirazioni, dove l’imperatore Teodosio II è guidato dall’eunuco Crisafio e paga imposte altissime per scongiurare ogni invasione. “ Al loro entrare in sala i trombettieri diedero un segnale squillante. Cinquanta guardie, in splendide divise, con elmi dorati e scudi, fiancheggiarono il trono, di cui l’imperatore salì i dodici gradini. Il gran ciambellano assestò le pesanti pieghe del manto imperiale e si ritirò. Teodosio fece un cenno e il maestro del cerimoniale batté in terra col suo bastone d’avorio” (pag.187).
DIMENSIONE TEMPORALE
La dimensione temporale del romanzo è strettamente legata alle vicende storiche. In essa vengono presentati fatti storici come l’elezione di Papa Leone I il 29 settembre 440, la morte di Galla Placidia il 27 novembre 451, la vittoria dei campi Catalaunici il 20 giugno 451, il saccheggio di Aquileia nel 452 e la morte di Attila nel 453.
La durata della narrazione comprende un arco temporale di circa vent’anni, dalla giovinezza di Etel (434/435) fino alla morte di Attila (453).
PERSONAGGI
Il romanzo è pieno di personaggi e figure più o meno importanti e storiche. Tra cui :
Attila (406-453), il nome significa “piccolo padre”, poiché si considera padre del suo popolo. “Com’era brutto. Le narici larghe, umide, come froge, i muscoli delle spalle e delle braccia che si gonfiavano e si ritiravano: era come un animale e tuttavia uomo. Aveva la dignità di un nobile animale e la superbia di un demone. Cavalcare, cacciare e dormire con donne” (p.62)
Onoria (417-455), sorella di Valentiniano III e figlia di Placidia, viene nominata Augusta perché non si sposi con nessuno (“vivere da monaca in vesti imperiali”). Intratterrà una relazione con Etel da cui avrà un figlio, sarà questo il motivo del suo invio a Bisanzio. Odia Iride a cui preferisce Ildico. Dopo il matrimonio forzato con Ercolano, si suiciderà apprendendo che suo figlio Alieno è stato ucciso dal padre del ragazzo.
Galla Placidia (488/392-450), reggente dell’impero d’Occidente al posto del figlio. “Una donna che con una sola parola metteva in marcia centinaia di migliaia di soldati; forse la donna più grande che Roma avesse prodotto nei quasi dodici secoli di sua esistenza” (p.31) “una donna di forte volontà. Il suo egoismo è ancora intatto” (p.32). Dichiara spesso di non aver mai avuto fortuna con i figli. Ha visto sconfitto il suo amante Bonifacio da parte di Ezio, con quest’ultimo però avrà un riavvicinamento.
Valentiniano III (419-455), “un ragazzo sui quattordici anni dalle mosse agili e graziose di fanciulla” (p.32) “perché lo acconciano a quel modo, come un cagnolino? Gli ha fatto imbellettare anche le guance. È un costume d’Oriente, ma qui, in Italia?” (p.33). Succube della madre non diventerà mai capace di prendere una decisione da solo ( “Placidia lo lasciò crescere soltanto all’ombra della propria personalità”). Dedito a giochi di magia, frequentava “maghi,indovini, commercianti di droghe e d’erbe orientali, donne di un tipo particolarmente ributtante”. “Non pensa che al proprio dolore e alla propria sicurezza”. All’arrivo di Attila è pronto a fuggire da Roma.
Leone I Magno (390-461), aveva visitato Agostino d’Ippona, aveva indotto G. Cassiano a scrivere il “De institutis coenobiorum” , appena trentenne aveva esercitato grande influsso sul concilio di Efeso (431). Dopo essere stato arcidiacono di Sisto III diventa a sua volta pontefice il 29 settembre 440. “Se almeno non ci fosse stato il bisogno del sonno: quattro ore e mezzo sprecate ogni notte!” (p.261). “Le civiltà vanno e vengono. La Chiesa resta. […] ci sarà sempre un cantuccio di mondo, dove le mani di un sacerdote consacrato potranno sollevare l’Ostia: Cristo ce lo ha promesso” (p.263). <Vivi da cristiano> (p.282). “Essere prete vuol dire essere mosso dalla Grazia. Non agire: essere fatto agire da Dio: è questo che il forte deve imparare”
Ildico, dama fedele e leale di Onoria. Figlia di un conte Franco e orfana giovane di madre. Ha la pelle color del latte e i capelli d’oro ondulati, gli occhi sono grigi, seri. Molto devota vede tutte le vicende di Onoria da un punto di vista che superficialmente sembra ingenuo, ma in realtà è molto profondo e vero. Verrà mandata dagli unni con una lettera di Onoria per Attila, lì morirà uccisa perché ritenuta assassina di Attila.
Iride, serva di origine egiziana di Onoria. Viene definita come bellissima, ma anche una vipera che ha in odio Onoria a tal punto da tradirla con Crisafio.
Onegesio, segretario greco di Attila, conosce sei lingue ed è molto scaltro. Si dimostra leale nei confronti del suo signore come dimostra l’episodio delle libbre d’oro.
Bleda, figlio primogenito di Munzuco. Non è incline alla battaglia come il fratello Etel, ed è sempre propenso ad una alleanza con i romani. Ezio perciò non lo considererà primogenito. È definito come temporeggiatore ed esitante.
Ercolano, vecchio senatore fedele a Roma. Diverrà il marito di Onoria e considererà questo come un onore grandissimo.
Crisafio (…-451), eunuco consigliere dell’imperatore d’Oriente. Scaltro ma vile, sempre pronto a pagare un tributo piuttosto che intraprendere una guerra. Viene visto dal popolo come il demonio che mangia tutti i loro soldi.
Ezio (390-454), magister utriusque militiae nonché più grande generale romano. È l’artefice della vittoria dei campi Catalaunici. All’inizio non sarà molto gradito a Galla Placidia, ma poi tra i due vi sarà un avvicinamento. È definito l’ultimo romano da Galla Placidia e uno dei due uomini più grandi dell’Impero.
Alieno, figlio di una relazione tra Onoria e Attila, il ragazzo verrà cresciuto insieme ad altri suoi coetanei figli di nobili ad Aquileia, ignaro della sua identità. Insieme a quei suoi compagni difenderà l’onore romano fino all’ultimo. Finirà impalato dal padre.
TEMI DEL ROMANZO
Il romanzo “Attila: la tempesta dall’Oriente” è ricco di numerose tematiche , tra cui:
- La fede, elemento chiave di lettura del romanzo espresso attraverso i personaggi di Papa Leone I, il vescovo di Orleans e la giovane serva Ildico.
- La superstizione, elemento di credenza comune sia tra gli Unni sia tra i Romani (vd cittadino romano con amuleto a pag.260). Riguardo ad Attila “era la capitolazione della ragione dinanzi al trionfo della superstizione”. Ma la superstizione si piega davanti al suono della Verità e ciò accadrà durante l’incontro con il papa.
- L’onore, che si riceve dalle imprese militari. Ne sono esempi Attila ed Ezio.
- L’amore che si basa su due livelli: il primo nel concetto alto di Amore, ovvero quello che viene da Dio e che abbraccia ciascuno dei suoi figli; da questo amore nascono speranza e salvezza (vd vescovo di Orleans, papa Leone I, …) . Il secondo amore è quello più carnale e basso, che guarda a un compiacimento di desideri materiali e non alla ricerca del desiderio di Felicità. Questo amore è sterile (vd tra Onoria e Attila, tra Galla Placidia e i suoi vari amanti, tra Valentiniano III e le persone attorno a lui, tra Iride e i suoi amanti, tra Attila e le sue donne …)
- Il potere che è visto da molti come un obiettivo da raggiungere a qualsiasi costo. Numerose sono le figure di potere che sacrificano per esso la propria vita: Galla Placidia, Crisafio, … “La grande arte del vivere e del governare consisteva semplicemente nel tirare innanzi a vivere e a governare. La gente dotata dei cosidetti – princìpi – cercava di rivoltarsi contro questa semplice verità; non capiva che lo statista deve avere un principio solo: non rispettarne alcuno” (pag.179). Mentre la figura del papa, che esercita anch’essa il potere, riesce a mantenersi umile.
OSSERVAZIONI CRITICHE
Il romanzo appartiene al genere storico in quanto vi sono personaggi reali (Galla Placidia, Onoria, Leone, Attila, Valentiniano III, Crisafio, Ezio, Onegesio, Ercolano, …) e non (Ildico, Iride, e altri personaggi secondari) che sono coinvolti nelle vicende storiche narrate. Si è in una ricostruzione dettagliata dell’epoca con riferimenti e vicende storiche coinvolte nel romanzo. L’inizio è in “medias res”, perché la narrazione comincia quando Etel viene portato ad Aquileia. La Storia dopo la fine del romanzo prosegue. Il narratore è onnisciente e i personaggi secondari sono ben dettagliati (Ildico, …). L’autore all’interno del romanzo esprime valori e idee che gli interessano e che sono inerenti alla sua epoca come una critica al comunismo: “Un’idea folle si agitava nella testa di certi sempliciotti: che tutta la ricchezza, tutto il possesso dovesse venir distribuito egualmente fra gli uomini. Ammesso che fosse possibile, quanto durerebbe? Non vi erano forse avari e prodighi di natura? Costoro volevano forse espellere la natura? Oh, che imbecilli …” (p.143). Inoltre alcuni personaggi sono presentati in una luce positiva volta a porli come esempi di vita concreta con cui confrontarsi (come Leone I e Ildico).
di Stefano
enrico iv - luigi pirandello
INTRECCIO:
L’opera inizia con il ritrovo dei quattro “consiglieri segreti” di Enrico IV, tutti rigorosamente in abiti del dodicesimo secolo, che discutono fra loro perché uno di questi, Bertoldo, ha paura e non si è preparato la sua “parte”. Con questo incipit capiamo già che l'opera non è realmente ambintata nell'XII secolo, ma nel '900 e stiamo assistendo ad una grande farsa. Arrivano in seguito la marchesa Matilde Spina, accompagnata dal suo amante, il barone Tito Belcredi, da loro figlia, Frida, dal nipote di Enrico IV e fidanzato di Frida, Carlo di Nolli e da un dottore alienista. Il gruppo, discutendo fra loro, racconta al dottore la triste storia di Enrico IV: un anno a carnevale un gruppo di nobili organizzò una sfilata medievale in cui la Marchesa interpretava Matilde di Toscana; durante la quale il cavallo di Enrico IV si impennò e il poveretto, prendendo un colpo alla testa, impazzisce e crede di essere realmente il personaggio di cui era cammuffato. La Marchesa, il Barone e il dottore vengono quindi tutti travestiti dai consiglieri da personaggi storici contemporanei ed affini a Enrico IV: la Marchesa diverrà la duchessa Adelaide, il dottore Monsigore Ugo di Cluny e Belcredi un monaco proveniente dalla stessa città del monsigore. Il trio viene quindi presentato a Enrico IV che non sembra riconoscerli, ma tratta con particolare malizia Belcredi, mentre con acuta compassione e rimpianto Matilde. Dopo un lungo dialogo/monologo Enrico IV lascia gli ospiti. Il dottore, avendo analizzato il caso e prendendo spunto da una osservazione che la Marchesa aveva fatto in precedenza sulla somiglianza tra Frida e Matilde stessa da giovane, suggerisce di inscenare davanti a Enrico IV la comparsa di due Matilde di Toscana, una uguale a come la Marchesa era da giovane, l’altra la vera Marchesa; questo avrebbe quindi dovuto far risanare Enrico IV. Prima però Matilde, Belcredi e il dottore, sotto le spoglie dei relativi personaggi storici, avrebbero dovuto però annunciare a Enrico IV il loro licenziamento. Quando però Enrico IV pensa di esser solo esplode in un attacco di euforia, prendendosi gioco dei suoi ospiti. Bertoldo però lo vede ed allora Enrico IV rivela ai quattro consiglieri di essere guarito dalla sua mania da ormai dodici anni e di non esser voluto tornare alla realtà perché ormai era considerato pazzo da tutti. Prima che i consiglieri possano avvisare gli ospiti comincia la farsa, ma Frida ha troppa paura e la cosa quindi non si conclude; la Marchesa cerca di tranquillizzare la figlia, spiegandole che in realtà Enrico IV non è pazzo. Siamo giunti nel punto dell’opera in cui possiamo percepire la vera follia di Enrico IV: riconoscendo in Frida la giovane Marchesa la prende, ma Belcredi si rivolta, venendo ferito a morte da Enrico IV. L’opera si conclude con quel che sembra la presa di conoscenza da parte di Enrico IV di essere veramente folle.
DIMENSIONE SPAZIALE: Le diverse scene si svolgono tutte in uno spazio chiuso: la reggia di Enrico IV, che non è alto la sua villa collocata nella campagna umbra, di cui ci viene descritta ampiamente la “sala del trono”: mobili antichi, due ritratti ad olio alle pareti, dipinti secondo stile moderno, che rappresentano a grandezza naturale Enrico IV e la marchesa Matilde Spina in veste di Matilde di Toscana, in mezzo, su uno zoccolo di legno, un trono con baldacchino.
DIMENSIONE TEMPORALE: L’opera è ambientata nei primi decenni del ventesimo secolo, ma nella villa di Enrico IV il tempo cambia e ci troviamo nel millecento. Il tempo della storia dura più di quattro ore.
PERSONAGGI:
Enrico IV: è il protagonista della vicenda, non è altro che un nobile il quale prende parte ad una parata carnevalesca con tema medievale, in coppia con la sua amata, la marchesa Matilde Spina. Durante la parata il suo cavallo si imbizzarrisce per colpa del barone Belcredi, suo rivale in amore, Enrico IV cade e colpisce la testa. Dopo un breve svenimento al suo risveglio pensa di essere realmente il personaggio che rappresenta, nessuno se ne accorge,anche perché si pensava che stesse recitando, essendo egli un abile attore, se non dopo la fine della festa. Enrico IV quindi si rinchiude nella sua villa dove il nipote di Nolli gli fa trovare quattro consiglieri e una scenografia che rendesse un atmosfera il più possibile simile a quella in cui viveva il vero Enrico IV. Il poveretto resta pazzo per dodici anni finché non apre gli occhi, ma decide di restare nella sua, ormai fittizia, condizione di pazzo per non dover affrontare nuovamente la realtà. Venti anni dopo la caduta da cavallo arrivano da lui la Marchesa, Belcredi, loro figlia Frida, suo nipote e un dottore, che provano a risanarlo con una messa in scena in cui comparivano due Matilde di toscana. Enrico IV, scambiando Frida per la Marchesa stessa la prende e uccide Belcredi. Alla fine della tragedia Enrico IV, che aveva creduto di essere sano, sembra convincersi che in realtà è realmente pazzo.
Marchesa Matilde Spina: era, in gioventù, la donna contesa da Belcredi e Enrico IV, quando quest’ultimo impazzisce si abbandonerà al Barone da cui avrà anche una figlia: Frida, che le assomiglia molto. Quando torna da Enrico IV per riuscire a farlo ritornare in sé, sembra provare ancora qualcosa per lui, come lui infatti ha conservato per vent’anni il suo amore per lei. E’ spesso in contrasto con l’amante che la prende scherzosamente in giro, anche nei momenti più seri.
I quattro consiglieri segreti: sono quattro giovani (Landolfo, il cui vero nome è Lollo, Arialdo, che si chiama in realtà Franco,Ordulfo, Momo e Bertoldo, Fino) ingaggiati dal nipote di Enrico IV, Carlo di Nolli, che ha affidato lo zio a loro per fare da filtro alla realtà per lo zio. All’inizio dell’opera hanno ancora contatti con il reale, soprattutto il nuovo arrivato, Bertoldo, questi fili che attaccano loro alla realtà sembrano tendersi fino a spezzarsi quando, alla fine della tragedia si mettono insieme ad Enrico IV la maschera che gli è stata data, questa volta, per sempre.
TEMI:
di Marco
L’opera inizia con il ritrovo dei quattro “consiglieri segreti” di Enrico IV, tutti rigorosamente in abiti del dodicesimo secolo, che discutono fra loro perché uno di questi, Bertoldo, ha paura e non si è preparato la sua “parte”. Con questo incipit capiamo già che l'opera non è realmente ambintata nell'XII secolo, ma nel '900 e stiamo assistendo ad una grande farsa. Arrivano in seguito la marchesa Matilde Spina, accompagnata dal suo amante, il barone Tito Belcredi, da loro figlia, Frida, dal nipote di Enrico IV e fidanzato di Frida, Carlo di Nolli e da un dottore alienista. Il gruppo, discutendo fra loro, racconta al dottore la triste storia di Enrico IV: un anno a carnevale un gruppo di nobili organizzò una sfilata medievale in cui la Marchesa interpretava Matilde di Toscana; durante la quale il cavallo di Enrico IV si impennò e il poveretto, prendendo un colpo alla testa, impazzisce e crede di essere realmente il personaggio di cui era cammuffato. La Marchesa, il Barone e il dottore vengono quindi tutti travestiti dai consiglieri da personaggi storici contemporanei ed affini a Enrico IV: la Marchesa diverrà la duchessa Adelaide, il dottore Monsigore Ugo di Cluny e Belcredi un monaco proveniente dalla stessa città del monsigore. Il trio viene quindi presentato a Enrico IV che non sembra riconoscerli, ma tratta con particolare malizia Belcredi, mentre con acuta compassione e rimpianto Matilde. Dopo un lungo dialogo/monologo Enrico IV lascia gli ospiti. Il dottore, avendo analizzato il caso e prendendo spunto da una osservazione che la Marchesa aveva fatto in precedenza sulla somiglianza tra Frida e Matilde stessa da giovane, suggerisce di inscenare davanti a Enrico IV la comparsa di due Matilde di Toscana, una uguale a come la Marchesa era da giovane, l’altra la vera Marchesa; questo avrebbe quindi dovuto far risanare Enrico IV. Prima però Matilde, Belcredi e il dottore, sotto le spoglie dei relativi personaggi storici, avrebbero dovuto però annunciare a Enrico IV il loro licenziamento. Quando però Enrico IV pensa di esser solo esplode in un attacco di euforia, prendendosi gioco dei suoi ospiti. Bertoldo però lo vede ed allora Enrico IV rivela ai quattro consiglieri di essere guarito dalla sua mania da ormai dodici anni e di non esser voluto tornare alla realtà perché ormai era considerato pazzo da tutti. Prima che i consiglieri possano avvisare gli ospiti comincia la farsa, ma Frida ha troppa paura e la cosa quindi non si conclude; la Marchesa cerca di tranquillizzare la figlia, spiegandole che in realtà Enrico IV non è pazzo. Siamo giunti nel punto dell’opera in cui possiamo percepire la vera follia di Enrico IV: riconoscendo in Frida la giovane Marchesa la prende, ma Belcredi si rivolta, venendo ferito a morte da Enrico IV. L’opera si conclude con quel che sembra la presa di conoscenza da parte di Enrico IV di essere veramente folle.
DIMENSIONE SPAZIALE: Le diverse scene si svolgono tutte in uno spazio chiuso: la reggia di Enrico IV, che non è alto la sua villa collocata nella campagna umbra, di cui ci viene descritta ampiamente la “sala del trono”: mobili antichi, due ritratti ad olio alle pareti, dipinti secondo stile moderno, che rappresentano a grandezza naturale Enrico IV e la marchesa Matilde Spina in veste di Matilde di Toscana, in mezzo, su uno zoccolo di legno, un trono con baldacchino.
DIMENSIONE TEMPORALE: L’opera è ambientata nei primi decenni del ventesimo secolo, ma nella villa di Enrico IV il tempo cambia e ci troviamo nel millecento. Il tempo della storia dura più di quattro ore.
PERSONAGGI:
Enrico IV: è il protagonista della vicenda, non è altro che un nobile il quale prende parte ad una parata carnevalesca con tema medievale, in coppia con la sua amata, la marchesa Matilde Spina. Durante la parata il suo cavallo si imbizzarrisce per colpa del barone Belcredi, suo rivale in amore, Enrico IV cade e colpisce la testa. Dopo un breve svenimento al suo risveglio pensa di essere realmente il personaggio che rappresenta, nessuno se ne accorge,anche perché si pensava che stesse recitando, essendo egli un abile attore, se non dopo la fine della festa. Enrico IV quindi si rinchiude nella sua villa dove il nipote di Nolli gli fa trovare quattro consiglieri e una scenografia che rendesse un atmosfera il più possibile simile a quella in cui viveva il vero Enrico IV. Il poveretto resta pazzo per dodici anni finché non apre gli occhi, ma decide di restare nella sua, ormai fittizia, condizione di pazzo per non dover affrontare nuovamente la realtà. Venti anni dopo la caduta da cavallo arrivano da lui la Marchesa, Belcredi, loro figlia Frida, suo nipote e un dottore, che provano a risanarlo con una messa in scena in cui comparivano due Matilde di toscana. Enrico IV, scambiando Frida per la Marchesa stessa la prende e uccide Belcredi. Alla fine della tragedia Enrico IV, che aveva creduto di essere sano, sembra convincersi che in realtà è realmente pazzo.
Marchesa Matilde Spina: era, in gioventù, la donna contesa da Belcredi e Enrico IV, quando quest’ultimo impazzisce si abbandonerà al Barone da cui avrà anche una figlia: Frida, che le assomiglia molto. Quando torna da Enrico IV per riuscire a farlo ritornare in sé, sembra provare ancora qualcosa per lui, come lui infatti ha conservato per vent’anni il suo amore per lei. E’ spesso in contrasto con l’amante che la prende scherzosamente in giro, anche nei momenti più seri.
I quattro consiglieri segreti: sono quattro giovani (Landolfo, il cui vero nome è Lollo, Arialdo, che si chiama in realtà Franco,Ordulfo, Momo e Bertoldo, Fino) ingaggiati dal nipote di Enrico IV, Carlo di Nolli, che ha affidato lo zio a loro per fare da filtro alla realtà per lo zio. All’inizio dell’opera hanno ancora contatti con il reale, soprattutto il nuovo arrivato, Bertoldo, questi fili che attaccano loro alla realtà sembrano tendersi fino a spezzarsi quando, alla fine della tragedia si mettono insieme ad Enrico IV la maschera che gli è stata data, questa volta, per sempre.
TEMI:
- Il contrasto tra realtà e apparenza (relativismo gnoseologico)
- La maschera e le forme
- La follia
- De personificazione dell’io
- Integrazione tra grottesco e pietà
- Vita vista come un grande teatro/grande pupazzata.
di Marco