il percorso di renzo
Renzo, salito per uno di que' valichi sul terreno più elevato, vide quella gran macchina del Duomo sola sul piano, come se, non di mezzo a una città, ma sorgesse in un deserto; e si fermò su due piedi, dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare anche da lontano quell'ottava meraviglia, di cui aveva tanto sentito parlare fin da bambino.
Renzo allora si levò di seno la lettera di padre Cristoforo, e la fece vedere a quel signore […] “Prendete per questa viottola a mancina: è una scorciatoia: in pochi minuti arriverete a una cantonata di una fabbrica lunga e bassa: è il Lazzaretto; costeggiate il fossato che lo circonda, e uscirete a Porta Orientale.
Fece la strada che gli era stata insegnata, e si trovò a Porta Orientale. Quando Renzo entrò per quella porta, la strada al di fuori non andava dritta che per tutta la lunghezza del lazzaretto; poi scorreva serpeggiante e stretta, tra due siepi. La porta consisteva in due pilastri, con sopra una tettoia, per riparare i battenti, e da una parte, una casuccia per i gabellini. Poco più in là c'era allora, e c'era ancora non son molt'anni, una piazzetta, e in fondo a quella la chiesa e il convento dei cappuccini, con quattro grand'olmi davanti.
Nella strada chiamata la Corsia de' Servi, c'era, e c'è tuttavia un forno, che conserva lo stesso nome; nome che in toscano viene a dire il forno delle grucce , e in milanese è composto di parole così eteroclite, così bisbetiche, così salvatiche, che l'alfabeto della lingua non ha segni per indicarne il suono.
Renzo rimase stupefatto e edificato della buona maniera de' cittadini verso la gente di campagna; e non sapeva ch'era un giorno fuori dell'ordinario, un giorno in cui le cappe s'inchinavano ai farsetti.
La voglia d'osservar gli avvenimenti non poté fare che il montanaro, quando gli si scoprì davanti la gran mole, non si soffermasse a guardare in su, con la bocca aperta. Voltò il canto, diede un'occhiata anche alla facciata del duomo, rustica allora in gran parte e ben lontana dal compimento. Quando si sparse la voce che al Cordusio (una piazzetta o un crocicchio non molto distante da lì), s'era messo l'assedio a un forno. Spesso, in simili circostanze, l'annunzio d'una cosa la fa essere. Insieme con quella voce, si diffuse nella moltitudine una voglia di correr là: “io vo; tu, vai? Vengo; andiamo.” Si sentiva per tutto: la calca si rompe, e diventa una processione.
di Giulio
Renzo allora si levò di seno la lettera di padre Cristoforo, e la fece vedere a quel signore […] “Prendete per questa viottola a mancina: è una scorciatoia: in pochi minuti arriverete a una cantonata di una fabbrica lunga e bassa: è il Lazzaretto; costeggiate il fossato che lo circonda, e uscirete a Porta Orientale.
Fece la strada che gli era stata insegnata, e si trovò a Porta Orientale. Quando Renzo entrò per quella porta, la strada al di fuori non andava dritta che per tutta la lunghezza del lazzaretto; poi scorreva serpeggiante e stretta, tra due siepi. La porta consisteva in due pilastri, con sopra una tettoia, per riparare i battenti, e da una parte, una casuccia per i gabellini. Poco più in là c'era allora, e c'era ancora non son molt'anni, una piazzetta, e in fondo a quella la chiesa e il convento dei cappuccini, con quattro grand'olmi davanti.
Nella strada chiamata la Corsia de' Servi, c'era, e c'è tuttavia un forno, che conserva lo stesso nome; nome che in toscano viene a dire il forno delle grucce , e in milanese è composto di parole così eteroclite, così bisbetiche, così salvatiche, che l'alfabeto della lingua non ha segni per indicarne il suono.
Renzo rimase stupefatto e edificato della buona maniera de' cittadini verso la gente di campagna; e non sapeva ch'era un giorno fuori dell'ordinario, un giorno in cui le cappe s'inchinavano ai farsetti.
La voglia d'osservar gli avvenimenti non poté fare che il montanaro, quando gli si scoprì davanti la gran mole, non si soffermasse a guardare in su, con la bocca aperta. Voltò il canto, diede un'occhiata anche alla facciata del duomo, rustica allora in gran parte e ben lontana dal compimento. Quando si sparse la voce che al Cordusio (una piazzetta o un crocicchio non molto distante da lì), s'era messo l'assedio a un forno. Spesso, in simili circostanze, l'annunzio d'una cosa la fa essere. Insieme con quella voce, si diffuse nella moltitudine una voglia di correr là: “io vo; tu, vai? Vengo; andiamo.” Si sentiva per tutto: la calca si rompe, e diventa una processione.
di Giulio